Sentiamo spesso parlare di “psicosi” da coronavirus ma di cosa stiamo parlando? Stiamo abusando di questo termine?
La quantità di informazioni che ci arrivano quotidianamente ci espone sicuramente ad una certa quota di ansia che in modo più o meno consapevole può spingere le persone ad assumerne comportamenti buffi e irrazionali. Quale può essere il contributo dello psicologo in questo panorama?
Sicuramente uno dei compiti più importanti dello psicologo è quello di portare il pensiero là dove l’angoscia ha lasciato spazio solo all’azione.
Partiamo allora da questa angoscia e dall’ansia che la diffusione di questo virus ci fa sperimentare quotidianamente.
Probabilmente la prima considerazione è relativa al fatto che siamo in preda ad un’angoscia derivante da qualcosa di ignoto: sappiamo poco di questo virus e il continuo “bombardamento” di notizie ambigue e contrastanti alimenta in noi fantasie catastrofiche e immagini eccessive che spesso sono lontane dalla realtà dei fatti.
Cosa possiamo fare per fronteggiare l’ansia da coronavirus?
In primis creiamoci uno spazio per pensare. Sospendiamo l’azione (là dove possibile), prendiamoci del tempo per riflettere e fermiamoci ad osservare quello che ci sta accadendo. Evitiamo di agire impulsivamente. Se dobbiamo prendere una decisione importante formuliamo la scelta ma, prima di comunicarla o metterla in pratica, concediamoci il beneficio di rivalutarla a dopo qualche giorno. L’ansia funziona infatti proprio così: blocca il nostro pensiero e ci spinge ad agire (o a restare pietrificati!) impendendoci di valutare.
Manteniamo le nostre relazioni e i contatti con l’esterno. L’ansia, soprattutto quella fobica, può portare a chiudersi o ad allontanarci dagli altri, aumentando la distanza con la realtà. Nel rispetto delle direttive e delle limitazioni dell’Istituto Superiore di Sanità continuiamo ad avere buone relazioni con gli altri. Portiamo avanti le nostre scelte lavorative (anche da remoto), frequentiamo gli amici (magari in spazi aperti), facciamo cose concrete (come del giardinaggio, una passeggiata in montagna) che ci mantengano in contatto con la realtà.
Spesso le persone che vivono stati di ansia riferiscono di sentirsi lontani dal mondo, “come in una bolla” e questo è quanto mai vero come nel caso di un’ansia relativa ad una epidemia.
Date voce alle vostre paure. Parlate delle vostre paure (delle paure non dei dati sull’epidemia!) ma senza farne un argomento cardine della vostra giornata, confrontatevi magari con chi vi sembra capace di fronteggiare meglio la situazione e date parola alla vostra ansia. Parlare dei propri sentimenti e percezioni significa ridimensionarli, sgonfiarli di quella grandezza che hanno nelle nostre fantasie e renderli pensabili.
Ovviamente quelli elencati sopra vogliono essere degli spunti di riflessione più che dei consigli. Poter pensare delle cose angoscianti è sicuramente il primo passo per poterle affrontare ed in caso questo non bastasse si può sempre ricorrere al supporto di un professionista.
Situazioni come quella che stiamo vivendo possono risultare molto gravose per chi già soffre di ansia o sta attraversando una crisi lavorativa o esistenziale.
Ricordiamo però che, sebbene possa generare una grande sofferenza, un momento difficile come quello che stiamo attraversando può comunque rappresentare un’opportunità. I momenti di crisi, possono darci l’occasione di prenderci cura di questioni che abbiamo spesso sottovalutato.
L’ansia è infatti un sintomo, un campanello di allarme e come tale rappresenta un indizio importante che può metterci sulla strada della nostra realizzazione.